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venerdì 2 marzo 2012

5 pezzi da "I cani dello Chott el-Jerid" / Andrea Raos. 2010



L’innaturale rimane,
cadono in sequenza.
Dove è, chiude.
Dove chiude, chiedono continui.
Dove spera, era.
Nega, come ora.

* * *

Solidago. Alizarina. Granata. Felce. Mattone. Oltremare. Zinco. Titanio. Ametista. Zaffiro. Carminio. Porpora. Fiamma. Corallo. Glicine. Acquamarina. Amaranto. Giada. Bruciato. Celadon. Ruggine. Eliotropo. Mirto. Cremisi. Malva. Magenta. Rubino. Cinabro. Falun. Cadmio. Indaco. Ciano. Cenere. Nero. Forma. Spento. Mano. Fuso. Cera. Carta. Mania. Fumo. Roccia. Praseodimio. Arancia. Cadenza. Disossato. Intimo. Covo. Brivido. Calcare. Guscio. Conocchia. Staffile. Rebbio. Cava. Rame. Cielo. Stasi. Resto. Vento. Sonaglio. Buio. Staffa. Ruscello. Vena. Seta. Osso. Cranio. Inchiostro. Ossido. Squama. Costellazione. Ciglio. Catena. Sole. Scudo. Anello. Ferro. Specchio. Fessura. Ricciolo. Piuma. Sciabola. Lama. Risacca. Vetro. Cascata. Bosco. Mano. Crepaccio. Palmo. Brachiblasto. Conchiglia. Perla. Fruscio. Battito. Capra. Coperta. Schiuma. Cassa. Ala. Ditale. Crosta. Scarpa. Foglia. Aquila. Soma. Fuoco. Pipistrello. Cirro. Gabbia. Seme. Incendio. Nido. Ciuffo. Gravitazione. Lancia. Cavalletta. Vena. Raggio. Goccia. Morso. Rete. Foschia. Gelo. Stella. Piaga. Schiocco. Ripiano. Selce. Punta. Torrente. Parete. Cassa. Schianto. Cibo. Ramo. Freddo. Caduta. Scroscio. Radice. Tralcio. Ceppo. Palpebra. Dente. Tenda. Alba. Gasometro. Catrame. Ventre. Gorgo. Orizzonte. Fossa. Isola. Tronco. Saliva. Fango. Raggio. Mesosfera. Batuffolo. Numero. Ununtrio. Tropopausa. Unghia. Sorso. Sfiato. Ghiaccio. Muscolo. Crollo. Scafo. Lastra. Strada. Polso. Lampo. Ciano. Indaco. Cadmio. Falun. Cinabro. Rubino. Magenta. Malva. Cremisi. Mirto. Eliotropo. Ruggine. Celadon. Bruciato. Giada. Amaranto. Acquamarina. Glicine. Corallo. Fiamma. Porpora. Carminio. Zaffiro. Ametista. Titanio. Zinco. Oltremare. Mattone. Felce. Granata. Alizarina. Solidago.

* * *

Mentre attraversavo la depressione salina dello Chott el-Jerid, in un battito d’ala del sirratte paradossale abbiamo ammassato i cani sul ciglio della strada e li abbiamo circondati di bastoni e pietre. Sentono che sta per accadere e ringhiano maschi e femmine, le madri strette ai piccoli, di pelo ritto. Abbiamo calato il primo colpo di bastone e spaccato il muso contro le zanne spezzate giovani.


Quanto sangue hanno dentro, si gettano all’indietro ricadendo, non c’è spazio, sulle madri inferocite, impazzite, piangono sui piccoli – gli ultimi sotto i cadaveri, alcuni soffocati dai cadaveri, dai cani, altri schiacciati al suolo. Li finivamo, chi terrorizzato, cieco tentava di scappare lo abbiamo sollevato con una sola mano e gettato alla velocità del lancio – un suono secco, uno scoppiare d’ossa – contro l’asfalto, a frantumarsi il morbidissimo cranio, in quel guaito che non più già non è più.


Dopo abbiamo raccolto le carcasse, una o due o tre per una sola mano, a seconda della taglia. Abbiamo praticato fori nel collo per sgocciolare i corpi del sangue volevamo tornasse, così, alla sabbia. Ci si è presentato il problema della crosta di sale che ricopre il suolo, chiudendone i pori. Abbiamo creato pozze di sangue subito secco e nero contro il rosso smagliante, il rubino, l’azzurro, il solidago, il cadmio, l’acquamarina del sale. Il dolore ci ha toccati mentre ne procuravamo ai cani. Non i corpi freddi della morte ma la laguna calda, liquida molle evaporata, dei cadaveri a 60 gradi neri nella luce.

* * *

Dopo abbiamo praticato un’incisione sul ventre delle bestie, scavandone le viscere e l’apparato riproduttivo. Ne sono scaturiti filamenti verdi e dorati, vesciche gonfie di liquido scuro, che abbiamo asportato.

Dopo siamo ancora stati nel deserto. A prima sera ci siamo impregnati di odori scuri, ci aggiravamo per il campo spingendoci fino ai bordi ma senza mai uscirne e ci guardavamo negli occhi, ci evitavamo, avvicinati e allontanati ai grandi fuochi accesi per la notte, a seconda di come ognuno di noi reagiva all’escursione termica.

Tornati col pensiero alla terra salina da cui eravamo usciti, canini, mischiati, minimi, vivi, silici, chinati, spinti, diminuiti, sfiniti, abbiamo aspettato che finissero i giorni – quei giorni alizarina, indaco, aquamarina e solidago.

Il cielo spioveva verso la Via Lattea angolato e spezzato, come un salice a pregare che finisse il vento, come io a te.

* * *

Sono momenti d’amore – quel passare
senza voce che li dica, senza pace
una volta detti.




[ Andrea Raos, "I cani dello Chott el-Jerid", Arcipelago, collana "ChapBook", Milano 2010 ]